• 25 set 2020

Le Voci che verranno

Un articolo di Lorenzo Antonelli, Presidente e AD di Voci Armoniche, pubblicato in Fisarmonica: I colori che verranno, a cura di Renzo Ruggeri. Una produzione del Festival Internazionale della Fisarmonica di Castelfidardo, che ha chiesto ad artisti, insegnanti, studenti, artigiani, ingegneri e operatori del settore la loro opinione sul futuro della fisarmonica. Pubblicazione indipendente PIF e Comune di Castelfidardo scaricabile all’indirizzo:

https://www.pifcastelfidardo.it/pdf/2020/Fisarmonica_i_colori_che_verranno_PIF2020.pdf

Nell’immaginare la fisarmonica del futuro, intesa come idea di fisarmonica acustica migliore di quelle del presente, e anche di quelle del passato, per me è naturale pensare alle sue voci. Se immaginiamo la fisarmonica ideale, quali voci dovrà avere al suo interno? Al di là dei nomi che oggi definiscono i diversi tipi di voci, come dovrebbero essere fatte le voci ideali? Quali caratteristiche dovrebbero avere?

Una breve parentesi per presentarmi ai lettori. Il mio lavoro è costruire voci: dirigo dal 2001 un’azienda che le produce. Luigi Antonelli, mio nonno, ha fondato nel 1935 in Osimo, in Italia, una fabbrica dedicata alla produzione di voci; nei primi anni Cinquanta ha inventato la voce Tipo a mano, la voce del futuro di quegli anni. Attraverso mio padre Vinicio, la fabbrica di voci è arrivata a me. Dal 2002 la fabbrica si chiama Voci Armoniche, dopo la fusione con Salpa, storica fabbrica di voci di Castelfidardo.

Cosa sono le voci? Le voci sono il principio sonoro della fisarmonica, in altre parole l’elemento fisico che genera il suono dello strumento. Il nome italiano “voce” ricorda l’idea forse alla base dell’invenzione degli strumenti aerofoni ad ancia libera come l’organo espressivo o armonium, da cui pare derivare la fisarmonica: il tentativo di imitare il suono della voce umana, considerata lo strumento perfetto. Dunque è fondamentale definire l’importanza delle voci nel valore acustico complessivo della fisarmonica.

Le voci, in quanto principio sonoro, sono il presupposto iniziale dello strumento, e ne condizionano in modo decisivo il risultato acustico finale. Ovviamente ogni parte dello strumento è importante, ed influisce in modo diverso e specifico sugli aspetti funzionali e acustici, ma tutto a partire dalle voci, e intorno alle voci. Si può affermare con certezza che uno degli aspetti più importanti nella costruzione di una fisarmonica sia quello di “estrarre” il potenziale sonoro dalle voci. Di conseguenza, quanto più potenziale sonoro hanno le voci, tanto più ne può essere estratto nella costruzione di una fisarmonica.

Le voci sono componenti in metallo. Una voce è composta da due linguette in acciaio ad alto tenore di carbonio, un telaio detto piastrino in lega di alluminio e due ribattini che fissano le linguette al piastrino. Le voci funzionano con l’aria; sono fatte per l’aria; l’aria è la parte invisibile, eppure fondamentale: riprenderemo in seguito questo aspetto essenziale, quando descriveremo le voci che verranno.

La produzione delle parti di una voce, il suo montaggio fino all’applicazione delle valvole e all’accordatura finale, richiede competenze di meccanica di precisione, di metallurgia, di acustica, di teoria musicale applicata alla specificità della fisarmonica; inoltre ogni fase del processo produttivo richiede molta cura e attenzione, consapevolezza di ciò che si fa.

Oggi questi ultimi aspetti, a mio avviso, sono il presupposto alla base di una fabbrica che produce voci, e soprattutto che si propone di produrre voci di qualità nei prossimi anni. Si tratta di questioni che si riferiscono a competenze organizzative, tecniche e produttive. Oggi è questo il vero punto della situazione, che può farci capire il futuro delle voci, e la voce del futuro.

Il futuro ci appare migliore del presente in epoche espansive e di fermento costruttivo; al contrario, il presente e il futuro ci appaiono peggiori del passato in tempi di difficoltà e declino. Per le fisarmoniche e le voci, si guarda spesso al passato come all’età dell’oro. La ragione di questo probabilmente si trova nel fatto che dalla metà degli anni Cinquanta, dopo decenni di forte crescita, il settore ha vissuto una parabola discendente: meno volumi di vendita e produzione, meno fabbriche e addetti, meno investimenti. Marchi, modelli e nomi del passato sono entrati nella dimensione del mito, e per certi aspetti il passato è diventato il modello a cui riferirsi per creare il presente, un po’ come pensavano gli uomini del medio-evo. Ma è vero tutto questo? Siamo davvero nani sulle spalle di giganti? Le voci del futuro dovranno ancora imitare le voci del passato?

La realtà è complessa, articolata. Riferendomi alle voci, se le quantità si sono ridotte, dagli anni Cinquanta fino ad oggi le voci hanno seguito una tendenza netta del mercato in direzione della qualità. Dalle voci in alluminio “dolce” che dominavano incontrastate le produzioni nel secondo dopoguerra, si è passati a tipi di voci con piastrini in leghe di alluminio progressivamente più duro, il così detto “duralluminio”. Negli anni Novanta c’è stato il “boom” della voce a mano, che di fatto perdeva le sue caratteristiche originali, cioè la fabbricazione integrale a mano, conservandone il “mito” e le forme esteriori. La voce del passato diventò la voce del presente e del futuro.

Nello stesso tempo, dalla fine degli anni Sessanta, la progressiva decrescita del mercato determinava una sospensione dello sviluppo, una sorta di “limbo”; per certi aspetti il tempo si è fermato. Con la mancanza di una prospettiva di crescita, aziende piccole o piccolissime, concorrenza agguerrita, minore marginalità, scarse risorse e poca propensione all’investimento, il settore è rimasto indietro rispetto al generale sviluppo tecnico e organizzativo. Le tecnologie, i metodi, anche le persone, spesso sono rimaste le stesse. Succede che quando sembra di stare fermi, in realtà si arretra. E così è stato per il settore intero, che rispetto al contesto è rimasto quasi fermo mentre tutto il resto avanzava.

Ma le cose cambiano comunque. Dalla fine degli anni Novanta si andava progressivamente ponendo la questione decisiva, un cambio epocale, un mutamento strutturale tale da minacciare alla radice la continuità stessa di una tradizione produttiva unica. La questione del cambio generazionale di un settore che aveva avuto, per le ragioni sopra esposte, scarso ricambio negli operai, capi intermedi e capi d'azienda, questi ultimi quasi sempre proprietari. Il cambio generazionale rappresenta sempre un grande rischio per le aziende. Se poi le aziende non dispongono di una organizzazione strutturata, il rischio è elevatissimo.

L'artigiano sa fare un prodotto, ma fatica a spiegare come; l'artigiano è geloso delle sue conoscenze, che non insegna volentieri; la bassa scolarizzazione lo rende diffidente verso il cambiamento, e caparbiamente attaccato all'esperienza. "Si è sempre fatto cosi" è la frase che giustifica la difficoltà e spesso l'incapacità di cambiare. Produrre in serie con "metodi" artigianali conduce ad un prodotto incostante, soggetto alla perdita di controllo delle variabili che fanno la qualità. Un cambio generazionale di operai artigiani e capi intermedi artigiani è un passaggio difficilissimo. Se non si investono grandi risorse, non solo economiche, la perdita del sapere tecnico-produttivo è un esito quasi certo.

Con Voci Armoniche abbiamo iniziato subito ad investire per strutturare e salvare il sapere tecnico produttivo. La stessa fusione da cui è nata l’azienda, nel 2002, è stata una scelta per sostenere gli investimenti che sarebbero stati necessari negli anni successivi, fino ad oggi. E così è stato. Con il mio socio e amico, Giansandro Breccia, abbiamo scelto il futuro, portando avanti da allora una riorganizzazione lunga e complessa orientata alla qualità e al miglioramento continuo.

Dunque quale futuro? Verranno nuove voci, e come saranno fatte? Per quale armonica o fisarmonica? Come il musicista potrà individuarle, chiederle e riconoscerle? Cosa potremo trovare di nuovo e di migliore nelle voci che verranno?

Il futuro parte dal presente, e ha radici nel passato. La fisarmonica oggi, al pari della maggior parte degli strumenti musicali acustici, ha trovato una relativa stabilità; la sua diffusione è planetaria; le armoniche diatoniche hanno un profondo radicamento nelle culture e nell'identità di tutte le regioni europee. In diversi Paesi, in Asia e nelle Americhe, negli ultimi anni la richiesta di fisarmoniche è progressivamente cresciuta nel segno della qualità. La qualità, a mio avviso, costituisce il cuore vivo della nostra tradizione italiana, è la linea che deve collegare il passato col futuro, il riferimento fisso verso il quale orientare la bussola nel presente. In un'epoca che vede prevalere la quantità sulla qualità, è essenziale mettere la qualità al centro in modo netto, con decisione, chiarezza e coerenza. Qualità è ciò che qualifica, che distinguendo valorizza, che offre contenuti riconoscibili e godibili. Qualità è contrario di uniformità, di omologazione verso il basso. Il regno della quantità è un deserto; il regno della qualità è un giardino ricco di bellezza e varietà.

È anche molto importante, per tutto il nostro settore, promuovere una serie di iniziative, proprio come fa questo libro, che diffondano informazioni vere, cultura tecnica, idee, consapevolezza. Non c'è niente di meglio, per sostenere il miglioramento, dello scambio e della diffusione della conoscenza a tutti i livelli. La conoscenza è il migliore antidoto contro tutti i mali dell'ignoranza, contro gli schemi mentali che prescindono dalla realtà, contro il sopravvalutare e il sottovalutare a priori, che conduce a inevitabili errori e a vicoli ciechi. Bisogna partire dalla realtà, dalle cose come sono. È necessario partire dall'osservazione e dalla ricerca: queste sono le premesse di ogni innovazione migliorativa.

La produzione delle voci che verranno, e credo anche delle fisarmoniche che verranno, non sarà né artigianale né industriale. Prenderà dall'artigiano e dall'industria il meglio delle rispettive specificità, in una sintesi creativa che potremo definire manifattura d'eccellenza. La fabbrica così impostata sarà capace di attivare intorno al suo prodotto, le voci, quel circolo virtuoso che si definisce come miglioramento continuo. E il miglioramento continuo implica la ricerca, la ricerca condurrà alle innovazioni migliorative. Solo in questo modo, sono convinto, potranno essere prima immaginate e poi realizzate voci migliori di quelle del presente e del passato. Questi miglioramenti, dal momento che saranno prodotti da un nuovo assetto organizzativo e tecnico-produttivo, non riguarderanno un solo prodotto, ma si estenderanno all’intera gamma. Ci sarà sempre una voce top di gamma, ma ogni tipo di voce avrà le caratteristiche fondamentali migliorate, mantenendo le sue specificità.

Ci vorranno investimenti, molta energia, molto lavoro, competenze, tenacia e fiducia. La garanzia di tutto ciò è il mercato stesso, composto dai tanti musicisti e da quei costruttori di fisarmoniche che cercano e desiderano qualcosa di nuovo e di migliore.

Le voci che verranno sapranno spiegare la loro qualità con semplicità e chiarezza. Per prima cosa diranno che la qualità non è solo assenza di difetti, quei difetti che affliggono chi suona come le rotture precoci delle linguette, la mancanza di stabilità dell'accordatura o l'eccessivo consumo di aria. Il significato della qualità va ben oltre. La qualità è valore, che in una voce è bellezza del timbro, nel suo colore e nell'equilibrio specifico e complessivo in tutta l'estensione delle note; qualità è valore funzionale, ovvero ciò che fa sentire immediatamente a chi suona che le voci rispondono efficacemente ed esattamente nella dinamica di una esecuzione. Un valore acustico d'insieme che comprende tutto, e che si rivela con evidenza, immediatamente e semplicemente.

Ma attenzione! Poiché le voci, come ho detto all'inizio, sono il principio sonoro, esigono che tutto il resto intorno a loro sia realizzato correttamente. Le migliori voci, se non sono valorizzate nello strumento, avranno un risultato inferiore al loro potenziale. Le voci che verranno, per poter esprimere i loro colori nel modo più vivido e pieno, avranno bisogno della fisarmonica che verrà. Avranno bisogno di una filiera produttiva che ad ogni fase, da quando le voci escono dalla fabbrica, sappia aggiungere valore. Quando si esegue l'intonazione fuori dello strumento, quando si applicano le valvole, quando si accorda lo strumento: si può aggiungere valore, oppure toglierlo, se l'operazione non è svolta correttamente. Ciò implica una filiera consapevole, attenta, disposta a collaborare intorno al concetto del miglioramento: la filiera del valore appunto.

L'aspetto cruciale, a mio avviso, è costituito dai somieri, i supporti in legno sui quali le voci vengono fissate, attraverso cui ricevono l'aria dal mantice. Voci e somiere costituiscono un binomio: nelle caselle del somiere, nella loro forma e volume, nelle dinamiche dell'aria al loro interno, si gioca la partita decisiva per estrarre il potenziale delle voci. Tra voci e somiere si realizza quella "magia" della generazione del suono della fisarmonica. La voce che verrà dovrà avere un somiere che verrà, affinché il suo potenziale acustico possa manifestarsi: è un aspetto veramente importante, una conoscenza applicata fondamentale, che distingue e identifica i migliori costruttori di armoniche e fisarmoniche. La valorizzazione delle voci passa per il somiere: il somiere deve adattarsi alle voci, e non viceversa, dal momento che la voce è il principio acustico dello strumento.

La fisarmonica che verrà sarà il risultato di collaborazioni tra diverse competenze nella filiera produttiva. Tutta la filiera dovrà essere coinvolta attivamente, seguendo la direzione della qualità. Al centro del nostro lavoro ci sono tutti coloro che suonano; e coloro che sceglieranno la fisarmonica come strumento d’elezione. Al centro c’è la musica. Con questa consapevolezza il miglioramento procede in modo naturale; con il miglioramento si apriranno nuovi orizzonti. Se la musica è un linguaggio, lo strumento è il mezzo di espressione. Migliorare lo strumento significa dare a chi lo suona maggiori possibilità di espressione: e le voci del futuro saranno il cuore di questa maggiore possibilità espressiva.